lunedì 30 gennaio 2017

CRONACHE DI GUSTO "BEST IN SICILY" TEATRO MASSIMO PALERMO

























BEST IN SICILY - A Palermo nel magico contesto del Teatro Massimo, la 10° edizione organizzata da CRONACHE DI GUSTO che premia le eccellenti produzioni Siciliane. Oscar Farinetti tra storia e agricoltura di piccola scala, ci è venuto a dare lezioni di "entusiasmo"  e con un pizzico di invidia, ha dichiarato di essere stato sorpassato da un'azienda Palermitana, nell'apertura di un punto vendita a Londra! Non ha fatto nessun cenno sulle produzione dei cereali e delle loro caratteristiche nutrizionali, meno male!

martedì 17 gennaio 2017

Cerchiamo di portare sulle nostre tavole alimenti che non hanno percorso molti chilometri, sforziamoci di capire la vera provenienza ed i metodi coltivazione o allevamenti, per il rispetto di noi stessi e del territorio che ci ospita. Non riempiamo i carrelli a dismisura, evitiamo di congelare il cibo, compriamo ciò che ci serve e con oculatezza prediligiamo i produttori locali e se possiamo, facciamo un orto anche piccolo. Nella semplice genuinità, tradizioni, sentimenti ed emozioni tutti da vivere! Ambrogio Vario


La Campagna Stop TTIP Italia rilancia la giornata europea di mobilitazione decentrata Stop CETA del 21 gennaio prossimo, per aumentare la pressione sugli europarlamentari in vista della ratifica dell’accordo di libero scambio con il Canada prevista per il 14 febbraio a Strasburgo. Partecipa anche tu, contribuisci a fermare l’accordo tossico Canada – Unione Europea: organizza un volantinaggio, partecipa a un presidio, invia tweet e messaggi agli europarlamentari della tua circoscrizione, fai sentire la tua voce e contribuisci a bloccare un accordo commerciale insostenibile.


La biodiversità si baratta! - Slow Food - Buono, Pulito e Giusto.

La biodiversità si baratta! - Slow Food - Buono, Pulito e Giusto.: Dieci anni fa diventa legge in Italia la possibilità di scambiare semi allargando la possibilità di tutelare la nostra biodiversità.

venerdì 13 gennaio 2017

Una sfilata di birre artigianali rigorosamente siciliane, dalle caratteristiche originali e dalla lavorazione genuina: arriva una nuova settimana ricca di eventi e di musica a Sanlorenzo Mercato, regina indiscussa sarà proprio la birra. Da venerdì 13 a domenica 15 gennaio il Mercato ospiterà infatti i produttori siciliani della bevanda più antica del mondo, portando le nuove eccellenze di 5 birrifici regionali già apprezzati anche in contesti internazionali. Cinque postazioni straordinarie saranno appositamente allestite nel porticato esterno del Mercato. In ognuna di queste, altrettanti produttori saranno presenti per spiegare e presentare le proprie birre artigianali che per l’occasione saranno disponibili a un prezzo speciale, con un apposito ticket degustazione. Sarà così possibile assaggiare per esempio una blanche all’arancia da Misterbianco (CT), una bionda allo zenzero da Sinagra (ME), una chiara ai fichi d’india da Torrenova (ME), una bionda al miele da Nicosia (EN) e tante altre birre speciali 100% siciliane. Per presentarle tutte, si comincia venerdì 13 gennaio alle 18.30 quando sul palco della vineria si incontreranno e confronteranno i produttori di Irias, Epica, 24 Baroni, Kottabos e Mastro 25, che racconteranno le loro storie e le loro birre. Tra gli ospiti anche Massimo Galli, divulgatore ed esperto di birre, che presenterà “Racconti di birre”, un ciclo di cene tematiche in partenza al Mercato il 1 febbraio, dedicato a birre monastiche, birre bavaresi, birre inglesi e birre contadine. Per accompagnare le birre, apposta per l’occasione, debutta anche l’hot dog siciliano del Mercato, fatto con solo maiale di suino nostrano. E siccome la birra richiama subito le suggestioni di uno dei suoi luoghi simbolo nel mondo, l’Irlanda, il palco del Mercato venerdì 13 a partire dalle 21.30 è tutto per gli "Irish Quartet", con un repertorio costituito da brani tradizionali irlandesi e scozzesi, arrangiati dai componenti stessi. Così si alterneranno reels, jigs, hornpipes, polkas, slides e slow airs, stratspheys, highland, vals, march per un concerto intenso ora da ballare su ritmi incalzanti, ora da ascoltare con le ballate lente ma altrettanto coinvolgenti. ORARI: Venerdì dalle 18.30 alle 23 Sabato e domenica dalle 11.30 alle 15 e dalle 18.30 alle 23 TICKET BIRRA Birra 0,20 lt : 2 euro Carnet 5 birre 0,20 lt + una omaggio: 10 euro HOT DOG - suino nero siciliano: 4 euro - suino bianco siciliano: 3 euro






venerdì 6 gennaio 2017

SEMPLICEMENTE PER ESSERE CHIARI! “Kamut” non è il nome di un grano, ma il marchio commerciale (come “Mulino Bianco” o “McDonald’s”) che la società Kamut International ltd (K.Int.) ha posto su una varietà di frumento registrata negli Stati Uniti con la sigla QK-77, coltivata e venduta in regime di monopolio e famoso in tutto il mondo grazie ad un’operazione di marketing senza precedenti. C’è chi chiama questa varietà il “grano del faraone”, perché si racconta che i suoi semi sono stati ritrovati intorno alla metà del secolo scorso in una tomba egizia ed inviati nel Montana, dove dopo migliaia di anni sono stati “risvegliati” e moltiplicati. Il frumento prodotto e venduto con il marchio Kamut è coltivato negli Stati Uniti (Montana) e nel Canada (Alberta e Saskatchewan), sotto lo stretto controllo della famiglia Quinn, proprietaria della società K.Int.; in Italia è importato solo da aziende autorizzate e può essere macinato solo da mulini autorizzati. Tutti i prodotti che portano il marchio sono preparati e venduti sotto licenza della K.Int e sotto il controllo della Kamut Enterprises of Europe. Il marketing decisamente efficace che è alla base del successo del Kamut ha fatto leva su tre aspetti: la suggestiva leggenda del suo ritrovamento, l’attribuzione di eccezionali qualità nutrizionali ed una presunta compatibilità per gli intolleranti al glutine. Parliamone. Il Frumento orientale o Grano grosso o Khorasan – lo chiamiamo col suo nome tramandato, comune e “pubblico”, mentre Kamut è un nome di fantasia registrato – è una specie (Triticum turgidum subsp. turanicum) appartenente allo stesso gruppo genetico del frumento duro: presenta un culmo (fusto) alto anche 180 cm; ha la cariosside (chicco) nuda e molto lunga, più di quella di qualunque altro frumento; è originario della fascia compresa tra l’Anatolia e l’Altopiano iranico (Khorasan è il nome di una regione dell’Iran); nel corso dei secoli si è diffuso sulle sponde del Mediterraneo orientale, dove in aziende di piccola scala è sopravvissuto all’espansione del frumento duro e tenero. L’invenzione commerciale del ritrovamento Dunque, per trovare il Khorasan in Egitto non era (e non è) davvero necessario scomodare le tombe dei faraoni; senza contare che un tipo di Khorasan era (e, marginalmente ancora è) coltivato anche tra Lucania, Sannio e Abruzzo: è la Saragolla, da non confondere con una omonima varietà migliorata di frumento duro ottenuta da un incrocio e registrata nel 2004 dalla Società Produttori Sementi di Bologna. Inoltre non bisogna dimenticare che la germinabilità del frumento decade dopo pochi decenni, per quanto ideali siano le condizioni di conservazione. Tutto questo porta a riconoscere nella storia del presunto ritrovamento del Khorasan/Kamut solo una fantasiosa invenzione commerciale, elaborata per stimolare il desiderio di qualcosa di puro, antico ed esotico. E, a onor del vero, la stessa K.Int. ha preso le distanze dalla leggenda che, peraltro, ormai non ha più bisogno di essere incoraggiata. Dai dati oggi disponibili, di fonte pubblica e privata, tra gli elementi di maggiore caratterizzazione del Khorasan ci sono un elevato contenuto proteico, in generale superiore alla media dei frumenti duri e teneri, e buoni valori di beta-carotene e selenio; per le altre componenti qualitative e nutrizionali non ci sono differenze sostanziali rispetto agli altri frumenti. Glutine: non ne è né privo né povero Bisogna, infatti, chiarire che, come ogni frumento, il Khorasan è inadatto per l’alimentazione dei celiaci, perché contiene glutine (e non ne è né privo né povero, come, poco responsabilmente, una certa comunicazione pubblicitaria afferma o lascia intendere) e ne contiene in misura superiore a quella dei frumenti teneri ed a numerose varietà di frumento duro. ____________________________________________________________ Kamut: glutine secco 15,5%, glutine/proteine 94,5% Frumento duro: glutine secco 12,5%, glutine/proteine 87,5% Farro dicocco: glutine secco 14%, glutine/proteine 79% Frumento tenero: glutine secco 13,4%, glutine/proteine 80,6% Farro spelta: glutine secco 17,1%, glutine/proteine 93% ____________________________________________________________ Detto ciò, il Khorasan è certamente un frumento rustico, con ampia dattabilità ambientale, eccellente per la pastificazione. Come ogni frumento che non è stato sottoposto a procedimenti di miglioramento genetico o ad una pressione selettiva troppo spinta, e proprio per questo motivo pare sia più facilmente digeribile dalle persone che soffrono di lievi allergie e intolleranze, comunque non riconducibili alla celiachia: ma questo è proprio ciò che si può dire dei farri e delle “antiche” varietà di frumento duro e tenero. Se la sua coltivazione è biologica (come permette la sua rusticità e come, per i propri prodotti, assicura il disciplinare del marchio Kamut), si può dire che senz’altro è un prodotto salutare, senza però scadere in esagerazioni né in forzature incoraggiate dalla moda e dal marketing del salutismo. Costi elevati, per il portafoglio e per il Pianeta Restano ancora tre aspetti che gettano un’ombra sul prodotto a marchio Kamut (ma non sul Khorasan!): il monopolio commerciale imposto dalla K.Int. su un frumento tradizionale che, come tale, dovrebbe invece essere patrimonio di tutti, e più di chiunque altro delle comunità che nel tempo lo hanno conservato e tramandato; il costo eccessivo del prodotto finito (dall’80 al 200% in più di una pasta di comune grano duro biologico), poco giustificabile a sostanziale parità di valori qualitativi e nutrizionali, dovuto al regime di monopolio, ai costi di trasporto, ai diritti di uso ed ai costi di propaganda, ma dovuto anche agli effetti di un mercato dell’eccellenza che trasforma il cibo in oggetto di lusso, di gratificazione e di distinzione, e che specula sul desiderio di rassicurazione e sul bisogno di salute; la pesante impronta ecologica legata allo spostamento di un prodotto perlopiù coltivato dall’altra parte del Mondo che arriva sulle nostre tavole attraverso una filiera molto lunga (migliaia di chilometri), e che, solo per questo fatto, non è compatibile con la filosofia della decrescita e con l’attenzione al consumo locale, fatto se possibile a “chilometro zero”. Note Per i dati riferiti in questo articolo sono stati consultati i siti dell’Associazione Italiana Celiachia (http://www.celiachia.it/), dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (http://www.inran.it/), della Kamut International (www.kamut.com), dell’United States Department of Agricolture (www.usda.gov), dell’Insitute Sciwentifique de Recherche Agronomique (http://grain.jouy.inra.fr/), l’articolo di A. R. Piergiovanni, R. Simeone, A. Pasqualone, “Composition of whole and refine meals of Kamut under southern Italian conditions” su Chemical Engineering Transactions, 2009, vol. 17: 891-896. Alcuni dati sono stati indicati da Oriana Porfiri (comunicazione personale). fonte: aam Terra Nuova, marzo 2010, n°248, pagg.73-76