mercoledì 18 novembre 2015

"DAL CHICCO ALLA TAVOLA" Degustazione di pizze fatte con farine integrali e molite a pietra di grano duro Senatore Cappelli e Russello, coltivati in Sicilia senza l'uso di sostanze chimiche in tutte le fasi di lavorazione.











I grani antichi possono essere un aiuto per ridurre la sensibilità al gl...

GRANI ANTICHI, LA NUOVA RISORSA

Nei forum italiani sull’alimentazione e sul cibo sta diventando sempre più comune parlare del recupero del patrimonio genetico delle varietà di grano locali. 

La perdita di specie cerealicole, l’impoverimento dei suoli e l’aumento del numero di individui affetti da malattie legate alla malnutrizione hanno portato al reinserimento di varietà antiche nelle provette dei centri di ricerca, nei campi agricoli e sulle nostre tavole. Un fenomeno italiano che sta avendo largo seguito in tutto il mondo, spinto dalla necessità di fronteggiare gli effetti dei cambiamenti climatici e della distribuzione ineguale delle risorse alimentari tra i popoli.

La storia del grano, le origini e le mutazioni
La coltivazione del frumento e il processo di panificazione hanno origini antichissime. Le prime tracce di addomesticazione del frumento selvatico nella mezzaluna fertile, il territorio che oggi va dalla Siria a parte dell’Egitto, risalgono a circa 12mila anni fa. Le prime testimonianze della raccolta delle sementi arrivano 10mila anni fa, epoca in cui l’uomo si è organizzato in una struttura sociale civile, la città. Le nostre città, quindi, devono la loro esistenza alla scelta dell’uomo di stanziarsi in villaggi, vicini ai campi agricoli che coltivava. 
Con l’avvento del XX secolo si iniziò a studiare il patrimonio genetico di molte specie cerealicole, grazie all’operato di Nazareno Strampelli. L’agronomo e genetista marchigiano selezionò numerose varietà di frumenti attraverso la cosiddetta “ibridazione”, l’incrocio tra più specie, cogliendo il plauso dei connazionali solo durante il fascismo. La cosiddetta “battaglia del grano” chiuse le frontiere dell’Italia al grano sovietico rendendo il paese indipendente dall’importazioni grazie alle “sementi elette”, come le definì Benito Mussolini.
Il fusto del frumento antico, più alto di quello moderno, si piega più facilmente sotto l’azione del vento e della pioggia. Le spighe di grano antico sono più grandi ma con un numero inferiore di semi e un contenuto inferiore di glutine, essenziale nei processi di panificazione. Per questo, la rivoluzione verde degli anni Sessanta ha portato alla selezione delle specie in grado di reagire agli attacchi dei parassiti, alla siccità e che restituivano raccolti più abbondanti e facilmente lavorabile con le macchine.
Il passo verso la mutagenesi indotta è breve. Nel 1974, nel centro di ricerca dell’Enea, Villa Casaccia di Roma, iniziano le sperimentazioni per nanizzare il grano. Il processo della mutagenesi indotta agisce attraverso la radiazione con raggi gamma del cobalto radioattivo sul DNA delle sementi. Oggi, le multinazionali detengono tutte le royalties sui grani moderni, ottenuti per mutagenesi. 
L’importanza del recupero dei grani antichi
In Italia, il sistema di monitoraggio Okkio alla salute del Centro nazionale di prevenzione e controllo delle malattie (Ccm), che fa capo al ministero della Salute, riporta che oltre il 40 per cento degli italiani soffre di patologie dovute a un regime alimentare sbagliato. Mentre per il Centro di ricerca sui consumi di suolo, 5 milioni di ettari di terreno agricolo non sono più fertili, motivo per cui la resa delle colture è sempre più bassa. Le cause di questi fenomeni vanno ricercate in un’educazione alimentare inappropriata e nella scelta di diversificare le colture cerealicole con grani mutati geneticamente.  
La salute umana così come la qualità del suolo sono determinate dalla biodiversità dei territori, per questo i danni inferti dal modello moderno di agricoltura industrializzata sono enormi. La produzione intensiva e in monocolture e la tecnologia hanno reso vulnerabili le colture ai cambiamenti climatici e alle nuove malattie. Le carestie che decimano la produzione nei paesi in via di sviluppo, la scarsa qualità delle risorse alimentari e la perdita continua di suolo sono solo le più evidenti.
Per migliorare la qualità della vita è necessario tornare alle pratiche agricole che per 10mila anni hanno costituito le basi della tradizione rurale di tutto il mondo. La ripresa da parte di alcuni agricoltori dei grani antichi permette il recupero dei materiali genetici delle varietà cerealicole locali sviluppando e  ricostituendo la biodiversità, quindi la ricchezza dei nutrienti disciolti nel suolo. La farina e la semola prodotte da sementi antiche sono molto più ricche di fibre, vitamine, antiossidanti. Per la salute umana sono più nutrienti rispetto a quelle prodotte dal grano moderno e forniscono gli elementi necessari per combattere la malattie cardiovascolari, il rachitismo, l’obesità e alcune forme di diabete. Tutto questo grazie alla profondità delle radici che assorbono dei nutrimenti non presenti in superfice senza l’aggiunta di concimi. 
Non solo salute
Le farine di grano moderno contengono per il 74 per cento di carboidrati, per lo più amido, e il 13 per cento di proteine, composte da gluteina e gliadina (responsabile del malassorbimento degli alimenti), nel caso della farina di manitoba arrivano fino al 18 per cento. La gluteina e la gliadina, a contatto con l’acqua, formano il complesso proteico del glutine che, negli impasti di farina moderna, fa arrivare fino a 400 W, unità con cui si misura la capacità di trattenere i gas. Gli impasti di farina di grano antico non superano i 100 W. Anche per questo motivo, le farine prodotte con grani moderni non sono assimilabili dal nostro intestino, la concentrazione di tossine amidacee e l’uso persistente influisce sulle funzionalità epatiche.
I cibi che contengono farina di grani antichi sono più gustosi e genuini, prodotti con un tipo di agricoltura biologica che rispetta il suolo e l’ambiente e tutela la salute umana e i diritti dei lavoratori. La filiera corta, infatti, valorizza il mondo rurale e la salvaguardia delle attività agricole contro le difficoltà competitive del mondo globalizzato. 
Le specie perse
L’Italia è il primo produttore di grano duro nell’Unione Europea, secondo Dipartimento di Economia dei Sistemi Agro-Forestali dell’Università degli Studi di Palermo. Nel 1927 nel nostro paese si contavano 291 varietà di frumento, 98 di queste venivano ampiamente coltivate. Nel 1971, si è registrata la scomparsa di 250 di queste popolazioni di grani. Oggi, in Sicilia, una delle prime regioni italiane per produzione di grano, la metà del grano prodotto è di una sola specie.
I programmi di sperimentazione colturale e recupero delle varietà antiche
La produzione di grano moderno prevede la coltivazione di sementi nanizzati, trattati con concimi e pesticidi chimici. Le colture a scala industriale, ma anche quelle gestite da piccole e medie imprese, prevedono l’impiego di macchinari pesanti e tecnologie che inquinano e impoveriscono il suolo.  
Per combattere la perdita di biodiversità e per tornare a una produzione più sana e rispettosa, in molte delle regioni dedite alla produzione di frumento sono attivi dei programmi di recupero delle varietà cerealicole antiche. Per esempio in Abruzzo, in provincia di Teramo, e in Emilia Romagna si coltiva una varietà importata dall’Egitto nel 400 d.C., la Saragolla, che presto fu soppianta dai grani venuti dell’Africa e dal Medio Oriente.
In Cilento viene coltivato un grano tenero semi selvatico già noto agli antichi romani, il Carosella, abbandonato per varietà più adatte alla trebbiatura meccanica.
E ancora, nell’alta Maremma si trovano campi di grano Verna, Gentilrosso e di Frassineto prefetti per il clima, l’altitudine e la tipologia del suolo. 
Mentre in Sicilia, nell’entroterra catanese, si coltiva il grano duro Timilia, già noto ai greci per la resistenza ai lunghi periodi di siccità e per questo particolarmente adatto al clima del bacino mediterraneo. Francesca Biagioli 

domenica 15 novembre 2015

Se partiamo da noi stessi, possiamo cambiare tutto... 

LE QUATTRO LEGGI DELLA SPIRITUALITA' 

La prima dice: "La persona che arriva è la persona giusta", cioè nessuno entra nella nostra vita per caso, tutte le persone intorno a noi, tutte quelle che interagiscono con noi, ci sono lì per un motivo, per farci imparare e progredire in ogni situazione. 
La seconda legge dice: "Quello che succede è l'unica cosa che sarebbe potuta accadere." Niente, ma niente, assolutamente nulla di ciò che accade nella nostra vita avrebbe potuto essere altrimenti. Anche il più piccolo dettaglio. Non c'è un "se avessi fatto quello sarebbe accaduto quell'altro...". No. Quello che è successo era l'unica cosa che sarebbe potuta succedere, ed è stato così perché noi imparassimo la lezione e andassimo avanti. Ognuna delle situazioni che accadono nella nostra vita sono l'ideale, anche se la nostra mente e il nostro ego siano riluttanti e non disposti ad accettarlo. 
La terza dice: "Il momento in cui avviene è il momento giusto." Tutto inizia al momento giusto, non prima non dopo. Quando siamo pronti ad iniziare un qualcosa di nuovo nella nostra vita, e allora che avverrà. 
La quarta ed ultima: "Quando qualcosa finisce, finisce." Proprio così. Se qualcosa è conclusa nella nostra vita è per la nostra evoluzione, quindi è meglio lasciarlo, andare avanti e continuare ormai arricchiti dall'esperienza. Penso che non sia un caso che stai leggendo questo, se questo testo è entrato nelle nostre vite oggi; è perché siamo pronti a capire che nessun fiocco di neve cade mai nel posto sbagliato".

domenica 8 novembre 2015

Ospite del panificio Gangi il Dott. e Maestro panificatore Antonio Lamberto Martino, che ha scelto di servirsi solo di prodotti sani, nutrienti e che siano frutto di un’agricoltura rispettosa della terra.
Panificazione con farina integrale di grano duro Russello, coltivato in Sicilia senza l'uso di sostanze chimiche al suolo e alle colture, secondo i principi dell'Agricoltura Bioetica. 
Roccapalumba (PA) 7/11/2015



 

   
 


       

giovedì 29 ottobre 2015



Pane fatto con farine di grano duro Russello e Perciasacchi, coltivato in Sicilia senza l'uso di sostanze chimiche al suolo e alle coltivazioni,  secondo i principi dell'Agricoltura Bioetica. 

sabato 17 ottobre 2015

Discorso del Papa al Sinodo della Famiglia
Puoi aver difetti, essere ansioso e vivere qualche volta irritato, ma non dimenticare che la tua vita è la più grande azienda al mondo.
Solo tu puoi impedirle che vada in declino.
In molti ti apprezzano, ti ammirano e ti amano.
Mi piacerebbe che ricordassi che essere felice, non è avere un cielo senza tempeste, una strada senza incidenti stradali, lavoro senza fatica, relazioni senza delusioni.
Essere felici è trovare forza nel perdono, speranza nelle battaglie, sicurezza sul palcoscenico della paura, amore nei disaccordi.
Essere felici non è solo apprezzare il sorriso, ma anche riflettere sulla tristezza.
Non è solo celebrare i successi, ma apprendere lezioni dai fallimenti.
Non è solo sentirsi allegri con gli applausi, ma essere allegri nell'anonimato.
Essere felici è riconoscere che vale la pena vivere la vita, nonostante tutte le sfide, incomprensioni e periodi di crisi.
Essere felici non è una fatalità del destino, ma una conquista per coloro che sono in grado di viaggiare dentro il proprio essere.
Essere felici è smettere di sentirsi vittima dei problemi e diventare attore della propria storia.
È attraversare deserti fuori di sé, ma essere in grado di trovare un'oasi nei recessi della nostra anima.
È ringraziare Dio ogni mattina per il miracolo della vita.
Essere felici non è avere paura dei propri sentimenti.
È saper parlare di sé.
È aver coraggio per ascoltare un "No".
È sentirsi sicuri nel ricevere una critica, anche se ingiusta.
È baciare i figli, coccolare i genitori, vivere momenti poetici con gli amici, anche se ci feriscono.
Essere felici è lasciar vivere la creatura che vive in ognuno di noi, libera, gioiosa e semplice.
È aver la maturità per poter dire: “Mi sono sbagliato”.
È avere il coraggio di dire: “Perdonami”.
È avere la sensibilità per esprimere: “Ho bisogno di te”.
È avere la capacità di dire: “Ti amo”.
Che la tua vita diventi un giardino di opportunità per essere felice ...


Roccapalumba(PA) sagra del fico d’india arriva la svolta con l’agricoltura bioetica

Sarà il fico d’india d’eccellenza “Made in Sicily” il principe dell’edizione 2015 dell’Opuntia Ficus Indica Fest che darà l’impronta ad una tre giorni ricca di appuntamenti e di degustazioni. La tradizionale Sagra del Fico d’india giunta alla sedicesima edizione anche quest’anno, a partire da Venerdì 16 e fino a Domenica 18 di ottobre, metterà in vetrina, col frutto divenuto ormai simbolo del comune, anche tante altre eccellenze “bio” del Made in Sicily. Tre giorni di ricchi di spettacoli, degustazioni guidate, laboratori gastronomici, arte, concorsi e tante visite guidate alle strutture astronomiche, ai palazzi storici e al mulino ad acqua, caratterizzeranno l’evento ormai divenuto appuntamento fisso per i palati più esigenti in visita negli stand espositivi. Centinaia di chili di fico d’india serviti in tutte le salse naturalmente saranno i protagonisti della tre giorni. Abbiamo chiesto ad Ambrogio Vario Promotore della costituenda rete agri bioetica perché i produttori, custodi del territorio, dovrebbero tenere in seria considerazione l’agricoltura bioetica? 
” Ecco la svolta. Tracciabilità sanitaria istituzionale ed economica partecipata per gli alimenti che ci nutrono senza l’uso di sostanze chimiche né al suolo né alle coltivazioni. Si tende ad assicurare il giusto reddito al produttore ed intercettare i segmenti di filiera che lucrano senza alcun rischio. Queste eccellenti manifestazioni locali esaltano le ricchezze di un territorio rendendo protagonista principale, il produttore!” Non ci rimane che ringraziare Ambrogio Vario per la sua disponibilità dandovi appuntamento per la sagra del fico d’india a Roccapalumba…



Pubblicato il: 16 ottobre 2015 alle 23:48 Giornale L'ORA